SCOMODI DIALOGHI
Trailer
Video, Full HD, Stereo,© 2018
Video, Full HD, Stereo,© 2018
ABSTRACT PhotoProject Portraits © 2017
REVIEWs
L’intrigo dello spostamento lineare
di Barbara Fragogna
„Io baso tutte le mie decisioni sull'intuizione. Io tiro un dardo nell'oscurità. Quella è intuizione.
Poi devo mandare un esercito nell'oscurità per cercare il dardo. Quello è intelletto.“ – Ingmar Bergman
L’oscuro dibattito tra la corsa del tempo e la frenesia atarassica della stasi innescano un’epopea notturna dove le dimensioni s’incrociano creando paesaggi polivalenti e alieni. Il tempo è una distanza tra il passato e il futuro, una massa. Il tempo è la sintesi del momento presente, lo scatto, il frame, lo still. Anche quando la pellicola corre (perché le fotografie, i progetti di Davies Zambotti sono cinema) tutto è fermo sospeso ma in moto, l’immobile saetta sul tapis roulant, lo schermo totem, l’ologramma 3D dell’illusione 2D, la caduta nel pozzo nero che, precipitando, rimpicciolisce (slow motion) l’oggetto centrale (sempre biancastro) fino al click, la vibrazione che è l’imprescindibile sostanza della materia. Non siamo mai fermi, neanche quando siamo immobili, la mente elabora, il sangue scorre, l’infinitesimamente piccolo ribolle e scalpita. Il lavoro di Davies è così. L’apparentemente minimale che sotto la lente è ornato guazzabuglio. Si sente il rumore. Si vede il “rumore” come una cellula al microscopio, come la macro di una cartolina d’epoca.
Scomodi dialoghi si svolgono tra Sé e Sé. Due identità distinte dello stesso individuo, due momenti, un confronto anacronistico, un tentativo fallimentare che si risolve nonostante tutto. Un viaggio proteso in avanti che cerca soluzioni circolari dentro e fuori, che evolve per svolgersi in due passaggi, prima e dopo, avanti e indietro, spazio e distanza, meta e bersaglio, nostalgia asfissiante, ricordi ricostruiti dalle macerie dell’esperienza e dell’esasperazione, tragedia dell’entropia. Il ricordo è imperfetto, falso ma onesto. Comunque.
Luce propria nel buio. Lume che ad ogni passo spegne e accende, spegne e accende. Dice e tace. “Quanto dista l’alba?”, l’orizzonte è un parametro, una necessità intellettuale che giustifica un giudizio. Il sole non sorge. La gravità s’impone. Le leggi naturali sono troppo semplici per le necessità dell’Ego che desidera piuttosto onnipotenza e miseria. Che grida miseria. Che reclama onnipotenza. L’incedere brucia le tappe della percezione e la ragione viene meno davanti alle mille possibilità comandate dall’esigenza sociale. La ragione, tutto sommato, è esistenziale.
Quelle cremose e sgargianti scie, quelle meravigliose strisciate di campi che si sovrappongono e permeano sono gli strati sedimentari del pensiero vigile, sono le storie di tutte le vite che compongono il paesaggio sovrapponendosi, sono il passaggio/portale verso un riflesso più chiaro del paradosso privato. Le bulbose e raggianti entità sospese nel nero sono mostri degli abissi, navicelle aliene, chimere mitiche, divinità recondite, fulcri di opportunità manifeste, conclamazioni di dignità nell’essere, grumi di magma energetico, poli d’attrazione sensoriale e critica, dichiarazioni di presenza concreta. Navigo e volo, corro e scivolo. Interpretazioni di “fondo”.
I dialoghi scomodamente c’interrogano sul senso dell’impostazione di default.
Davies ci offre delle possibilità, degli spunti di vista, calibra il navigatore sul “vai-dove-vuoi-ma-seguimi” e nel buio ci lascia immaginare l’unica e temporaneamente assoluta, sua personale verità.Clicca qui per modificare.
di Barbara Fragogna
„Io baso tutte le mie decisioni sull'intuizione. Io tiro un dardo nell'oscurità. Quella è intuizione.
Poi devo mandare un esercito nell'oscurità per cercare il dardo. Quello è intelletto.“ – Ingmar Bergman
L’oscuro dibattito tra la corsa del tempo e la frenesia atarassica della stasi innescano un’epopea notturna dove le dimensioni s’incrociano creando paesaggi polivalenti e alieni. Il tempo è una distanza tra il passato e il futuro, una massa. Il tempo è la sintesi del momento presente, lo scatto, il frame, lo still. Anche quando la pellicola corre (perché le fotografie, i progetti di Davies Zambotti sono cinema) tutto è fermo sospeso ma in moto, l’immobile saetta sul tapis roulant, lo schermo totem, l’ologramma 3D dell’illusione 2D, la caduta nel pozzo nero che, precipitando, rimpicciolisce (slow motion) l’oggetto centrale (sempre biancastro) fino al click, la vibrazione che è l’imprescindibile sostanza della materia. Non siamo mai fermi, neanche quando siamo immobili, la mente elabora, il sangue scorre, l’infinitesimamente piccolo ribolle e scalpita. Il lavoro di Davies è così. L’apparentemente minimale che sotto la lente è ornato guazzabuglio. Si sente il rumore. Si vede il “rumore” come una cellula al microscopio, come la macro di una cartolina d’epoca.
Scomodi dialoghi si svolgono tra Sé e Sé. Due identità distinte dello stesso individuo, due momenti, un confronto anacronistico, un tentativo fallimentare che si risolve nonostante tutto. Un viaggio proteso in avanti che cerca soluzioni circolari dentro e fuori, che evolve per svolgersi in due passaggi, prima e dopo, avanti e indietro, spazio e distanza, meta e bersaglio, nostalgia asfissiante, ricordi ricostruiti dalle macerie dell’esperienza e dell’esasperazione, tragedia dell’entropia. Il ricordo è imperfetto, falso ma onesto. Comunque.
Luce propria nel buio. Lume che ad ogni passo spegne e accende, spegne e accende. Dice e tace. “Quanto dista l’alba?”, l’orizzonte è un parametro, una necessità intellettuale che giustifica un giudizio. Il sole non sorge. La gravità s’impone. Le leggi naturali sono troppo semplici per le necessità dell’Ego che desidera piuttosto onnipotenza e miseria. Che grida miseria. Che reclama onnipotenza. L’incedere brucia le tappe della percezione e la ragione viene meno davanti alle mille possibilità comandate dall’esigenza sociale. La ragione, tutto sommato, è esistenziale.
Quelle cremose e sgargianti scie, quelle meravigliose strisciate di campi che si sovrappongono e permeano sono gli strati sedimentari del pensiero vigile, sono le storie di tutte le vite che compongono il paesaggio sovrapponendosi, sono il passaggio/portale verso un riflesso più chiaro del paradosso privato. Le bulbose e raggianti entità sospese nel nero sono mostri degli abissi, navicelle aliene, chimere mitiche, divinità recondite, fulcri di opportunità manifeste, conclamazioni di dignità nell’essere, grumi di magma energetico, poli d’attrazione sensoriale e critica, dichiarazioni di presenza concreta. Navigo e volo, corro e scivolo. Interpretazioni di “fondo”.
I dialoghi scomodamente c’interrogano sul senso dell’impostazione di default.
Davies ci offre delle possibilità, degli spunti di vista, calibra il navigatore sul “vai-dove-vuoi-ma-seguimi” e nel buio ci lascia immaginare l’unica e temporaneamente assoluta, sua personale verità.Clicca qui per modificare.
SENTIMENTI NOTTURNI / INTERVISTA INAUDITA
di Linda Azzarone a Davies Zambotti
English version published on C41 MAGAZINE
di Linda Azzarone a Davies Zambotti
English version published on C41 MAGAZINE
"Scomodi dialoghi" il viaggio notturno di Davies Zambotti nel buio dell'anima
di Olga Gambari pubblicato su La Repubblica il 19.7.2018 L’installazione “Scomodi dialoghi” è un viaggio nel tempo e nella sua diversa e possibile percezione. Avvolge tutta la galleria trasformandola in uno spazio fisico e mentale insieme, dove si entra e ci si mette in strada. L’artista Davies Zambotti, che arriva dalla regia cinematografica, infatti racconta di un lungo viaggio nella notte, a bordo di una macchina. Si sale a bordo e si va in giro per strade e paesaggi notturni. La mostra è un percorso di fotografia, video e parole, impregnato dalle atmosfere di Ozu, Lynch, Antonioni e Bergman, sempre in movimento, come il pensiero che la muove e la fa procedere per tappe. Grandi fotografie a cui corrispondono serie più piccole. Una scatola cinese di frame dentro a frame che sfocia in una postazione video, dove una sorta di cabina rende reale quel movimento che finora era suggerito ma centrale. Infatti è proprio il movimento che dipinge le immagini, giocando con la luce elettrica di fari, insegne, lampioni che creano scie luminose diverse. Apparizioni che si fanno bande di colore e modellazione plastica di forme e di sensazioni. Una frammentazione cinetica sullo sfondo nero del buio, che diventa luogo dell’anima e del pensiero. Non si sa dove Davies Zambotti ci porti, la sua esperienza è un coinvolgimento metaforico alla ricerca personale di se stessi, un pezzetto dopo l’altro. Tappe di tragitto, soste, ripartenze, verso un orizzonte che ci attende senza svelarsi. Come nella vita. Un viaggio esistenziale che guarda al mondo esterno come esperienza sensibile, ma che soprattutto si riflette in un’analisi psicologica. Accompagnano le immagini alcuni testi dell’artista, che diventano parte integrante del viaggio. Sono racconti e riflessioni formalizzate come una sceneggiatura, che declinano piccole cose quotidiane, sensazioni, ricordi. Una lunga poesia che arriva sino al video finale, dove forte esplode la nostalgia di qualcosa di inseguito e perduto, con un flusso di immagini e collage visivi intimi e simbolici, empatici e mai didascalici.Clicca qui per modificare. |
Visioni personali e universali
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Director Davies Zambotti’s photography and video work “Scomodi Dialoghi” (Uncomfortable Dialogues) starts of with the scripts that she writes, and that sets the scene. The photographs - taken from vehicles moving between Milan and Turin - obscure known landscapes into unidentifiable scenes. Is it a sunset? an alien craft? They are wherever your mind’s eye takes you. In the video, there are mostly two sections, the top showing a road traveled at night, bumping into animals and various dead ends, while the bottom has varied imagery. Davies marries the external with the personal, as the road envisions people in motion, trying to find the light, not knowing that they themselves could be the light that they are chasing; while her own queries are posed in the bottom half - like celebrating pride on the one day, but disappearing into nothing on other days as the candles melt down completely. As she moves throughout Turin, she traverses paths made by other people and herself.
Text by Ko Ki LXX
Text by Ko Ki LXX